Il prestigiatore

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Huey Nomure
view post Posted on 10/1/2013, 23:35




liberamente tratto da un segreto

[Prima parte]

Non ha senso che dica come mi chiami, né potrei farlo: ogni mia memoria è ormai perduta nella mia solitudine onirica. Il compito di queste righe è raccontare il mio sogno, e così farò.
Nel corso del racconto troverete degli spazi tra un paragrafo e l’altro. Se volete, se potete, smettete di leggere questa storia dopo una qualsiasi di quelle righe. Io devo raccontare, ma vorrei che non leggeste questo racconto fino alla fine. Non posso dirvi il motivo di questa condizione fino alle ultime parole, dopo l’ultimo vuoto.
Il primo di questi spazi vuoti è proprio qui sotto, lo intravedete anche se state leggendo. Io vi prego, vi imploro, smettete di leggere; fareste un favore a voi stessi. Non aspettatevi grandi apocalissi, segreti sconvolgenti, verità devastanti; non fatevi attrarre dal fascino dell’ignoto. Chiudete gli occhi, leggete altro, fate una passeggiata e dimenticatevi di queste parole. Vi prego.

Mi dispiace che non abbiate potuto trattenervi dal leggere, ma sul serio, potete smettere in qualsiasi momento, anche a metà di un frase come ques

No? Niente? Va bene, io le possibilità ve le ho date; la mia coscienza non sarà pulita, ma non vi ho negato il mio avvertimento.
Il mio sogno, come tutti i sogni, inizia con la veglia: scrivevo al pc degli appunti su mondi utopici e distopici, delineavo personaggi composti inequivocabilmente da me e da plagi di altri personaggi, come ogni creativo fa. Era notte inoltrata, il freddo e l’umidità impastavano i vetri della porta finestra di una condensa attraverso la quale si indovinavano il profilo della quasi contadina skyline udinese; i lampioni erano rozzi aloni di luce soffusa, ma avevano comunque un loro fattore ipnotico. Mentre mi costringevo, dopo una dieta composta da settimane di nottatacce e frustrazione, a descrivere la componente pubblica ed economica di una gilda composta prevalentemente di cultisti e pervertiti d’ogni sorta, ho percepito, inconfondibile e , “l’attimo in cui il sonno ci dissolve” del grande Borges.
Mentre li riaprivo, chino e con il volto abbandonato sulla tastiera, la porta finestra si aprì. Sull’uscio si trovava l’essere, per quanto apparentemente umano, più sconvolgente che abbia mai visto.

Il suo volto rotondo era incorniciato da una nuvola di ricci dei colori più disparati, dal rosso al nero passando per il biondo, il castano e anche il bianco. I suoi occhi palesavano una schietta ed infantile cattiveria, ma sotto le sopracciglia appena accennate l’iride cambiava erraticamente colore ogni volta che io o lui sbattevamo le palpebre, e a volte l’intero occhio diventava bianco, nero o di un qualche colore sgargiante. Il largo sorriso, un dispiegamento di denti immacolati e inspiegabilmente turchesi in mezzo ad un viso sulla ventina con una discreta dose di barba sfatta - anch’essa turchese. Le nudità bianchissime erano coperte da una camicia da notte azzurrina che si muoveva come immersa in acqua.
-Chi sei? Cosa sei?
-Un giocatore d’azzardo. E sono qui per fare una scommessa con te.- Disse l’uomo sillabando altre parole con le labbra. La mia risposta per qualche istante fu un’occhiata tra lo stizzito e lo spaventato.
-Che scommessa?-
-Ah, una delle migliori. Qual è la cosa che desideri di più?-
-Vado a caso o in ordine alfabetico?-
-Non prenderti in giro. Non è una donna che veramente vuoi, né la determinazione e la volontà di ferro che tanto invidi. Il tuo più grande desiderio è un altro.-
-…la meraviglia.-
-Come? Non ho sentito.-
-La meraviglia.-
-La meringa?-
-Non prendermi in giro.-
-L’hai fatto una volta tu, una volta l’ho fatto io. Così siamo pari.-
Il mio iniziale spavento era scemato in un fastidioso senso d’irrealtà. A parte l’aspetto insolito e la chiaroveggenza non era molto diverso da un qualsiasi tronfio scocciatore, o un bambino che vuole sfoggiare un giocattolo nuovo.
Dopo una ventina di secondi di silenzio, in cui l’unico movimento era il mio respiro e gli ondeggiamenti delle vesti turchine dell’uomo, trovai il fiato per pronunciare una parola.
-Quindi?-
-Quindi cosa?-
-Quindi qual è la scommessa?-
-Non posso dirtela finché non mi dici qual è la cosa che desideri di più al mondo.-
-L’ho già detta.-
-E io non l’ho sentita.-
-Mi ricordi qualcuno, sai?-
-Immagino, ho un volto molto comune. Quindi?-
-La meraviglia. Lo stupore che leggo quando i poeti contemplano un tramonto, contemplano una grande opera, raggiungono nuove idee.-
-Così mi piaci.-
-Mi pare di aver già sentito questa frase.-
-La uso spesso. In ogni caso la scommessa quindi è questa: se riesco a farti provare una sincera meraviglia-
-…la mia anima è tua. Ecco dove l’ho già sentita. Il Faust di Goethe, quando Mefistofele si fa invitare in casa di Faust la terza volta. E anche la scommessa è simile.-
-Se lo dici tu; non leggo molto.-
-Sei l’unione di un’allucinazione da sonno, un mio amico e un personaggio letterario. Sei un po’ banale per essere un sogno.-
-Non voglio sapere cosa pensi dei tuoi personaggi, allora. In ogni caso, pensi che sia da dare la colpa al sogno per essere banale? E’ colpa di un libro l’essere stampato con una storia insipida? Ma a parte gli scherzi, posso entrare senza farmi invitare tre volte? Fa caldo qui fuori.-
-Come caldo, è gennaio.-
Poi mi accorsi di avere le gambe al caldo. Abbassai lo sguardo: il vapore che strisciava dentro dalla porta aperta mi lambiva i polpacci, inspiegabilmente caldo. Istintivamente mi alzai in piedi, facendo cadere la sedia.
-Meravigliato?-
D’un tratto percepii la pericolosità dell’uomo; dopotutto nel sogno è scontato ritenere le più assurde apparenze e congetture razionali e sensate, e l’aspetto di quella figura era appunto assurdo abbastanza da appartenere ad un sogno. Era chiaro che stessi sognando, ma non mi svegliavo. Mi era già successo.
-No, solo sorpreso. E comunque tu non hai ancora detto la scommessa, men che meno l’ho accettata. Un’anima per una meraviglia mi sembra un po’ tanto. Comunque entra.- risposi circospetto.
-Grazie, compermesso. Nemmeno se ti garantisco che ne varrà la pena?- chiese mentre il vapore tornava sui propri passi e uscì dalla porta, chiudendola dietro di sé.
-E io dovrei fidarmi perché…?-
L’uomo alzò le spalle.
-Se l’anima ti sembra troppo, cambio la mia proposta: una sensazione di pura meraviglia in cambio di un sogno.-
-Me ne ricorderò quando mi sveglierò?-
-Ti ricorderai del mio sogno? La risposta ad entrambe le domande è nì: non ricorderai i dettagli, ma rimarrà una sensazione residua.-
-Ok, allora.-
-Accetti?-
-Accetto la tua scommessa.-
-Puoi ripeterlo? Sai com’è…-
-Accetto la tua proposta.- risposi infastidito. L’uomo allargò di un paio di denti il sorriso che non aveva mai mutato e mi porse la mano.
Stringendola la sentii delicata e fragile, ma fredda. Freddissima. A dire il vero, quando cominciò a stringermi la mano sentii distintamente il freddo penetrare nella carne fino alle ossa, come sotto un cumulo di neve. La sensazione di doloroso assideramento risalì tutto il braccio, con me che tentavo di separarmi dall’uomo e la sua mano che stringeva inesorabile. Mi lasciai sfuggire un gemito quando il gelo raggiunse le spalle, e mentre si faceva strada nei polmoni non ebbi più la forza neppure di muovermi. Trattenevo il respiro in un’agonia paralizzante.
E finalmente il freddo raggiunse il cuore, e forse morii.

So di non cimentarmi nel mio campo e che i dialoghi sono veramente pietosi, ma ho bisogno di buttar giù quest'idea. Spero di completarla, a differenza di molti altri miei progetti.
 
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