Love sly
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così, l'unica cosa che riusciva a percepire era il vento, un vento calmo e gentile, che le carezzava il corpo, lenendo un poco il bruciore di quelle ferite che su tutto il suo corpo eran sparse; pozza di sangue che si allarga sotto quelle ferite, respiro della giovane ansante e pesante, quasi un rantolio soffocato e sibilante tra i denti.
Palpebre che lievemente si sollevano per far si che gli occhi possano osservare il cielo color azzurro limpido. Chiunque la vedesse in quell’istante, non crederebbe mai, che ella, è Ainwen, la Sacra Fanciulla devota a Gea, la Madre Terra, Somma Sacerdotessa, atta a compierne i riti e a espandere il verbo della Dea; risata soffocata, mentre smorfia di dolore, ne deformava il candido viso di porcellana.
Lei, la prescelta tra tanti elfi, era caduta in quella stupida trama che nel destino e l’uomo stesso, definivano amore; si era innamorata di un Demone Maggiore, quale dolorosa ironia……
Ricordava ancora quel giorno di maggio, in cui la sua vita cambiò. Ella doveva presenziar all’incontro tra il suo Re e l’ambasciatore del mondo demoniaco; indosso portava una semplice veste di seta color zaffiro, che le scivolava leggiadra e delicata sul longilineo e formoso corpo, cintura di corda che le stringeva la vita color bianco panna, mentre sotto il seno, fettuccia lavorata, che riprendeva il colore della cinta, le stringeva sotto i seni, scollo della veste a barchetta, ma lasciava scoperta buona parte dell’alabastrina pelle della schiena d’ella; maniche strette al gomito che, poi s’allargavano a campana, ne coprivan le mani con eleganza. Viso perfettamente ovale, dai lineamenti delicati e fini, propri della sua razza, sul quale spiccavano i gradi e cheti occhi di zaffiro, un nasino piccolo e normale, labbra carnose, color pesca, piegate in cheto sorriso, mentre castani crini, dai biondei riflessi, mossi sulle punte, eran acconciati in una crocchia da cui alcune ciocche ribelli sfuggivan dispettose. Al collo ella portava una collana, il cui ciondolo posava sulle rotondità dei seni; esso era l’amuleto che la contraddistingueva per la sua caria, l’amuleto di Gea, la Grande Madre, che raffigurava un cerchio con un albero nel centro, di Mithril la sua fattura.
In disparte sedeva, sguardo suo mai si spostò dal pavimento, anche quando entrò l’ambasciatore demoniaco. Brivido le percorse la schiena nel sentire la voce calma e profonda dell’ospite, che le fece correre un brivido, ma non lo dette a vedere, restando immobile come una bambola sino a sera, quando il suo sovrano le chiese di mostrar il castello e il tempio agli ospiti.
Il suo dovere compì come ordinato e, finalmente, poté vedere colui a cui quella voce apparteneva; sembrava un giovane uomo sui vent’anni, molto alto, dalla corporatura aitante e muscolosa, vestito con dei pantaloni di tessuto color nero che svanivano negli stivali di pelle nera, mentre sul busto, portava solo un giacchino di tessuto rosso, con le rifiniture color oro, aperto e senza maniche; viso dai tratti duri e mascolini, crini color dell’onice, lisci e lunghi, dalle sfumature bluastre e occhi rossi, rossi come le braci ardenti, che la osservavano con insistenza, ma ella non vi dette peso.
I mesi passarono e l’interesse che nutrivano l’un per l’altro cresceva, sino a sfociare in un amore ben accetto e per nulla ostacolato, ma i Demoni sono subdoli e, lui, ne era una prova, poiché l’aveva tradita e, adesso si ritrovava lì, distesa a terra in una pozza di sangue, con lui che la guardava.<<felice di avermi ucciso…… Xaphan?>> Nessuna espressione su quel viso, mentre si inginocchia e la solleva con delicatezza tra le sue braccia, carezzando con la destrosa mano, il ciondolo che ella portava al collo con amaro sorriso, restando silente; il ciondolo era un collarino di raso nero, con appesa una spirale di zaffiro, con una montatura di Mithril a far risaltar ancor di più la gemma.<<credevo lo aveste buttato…>>.<<pecca di troppo amore…>> Leggiadro il sussurro come anche il respiro, calore che stava abbandonando quel corpo, mentre dolore pian piano sciamava.<<perdonatemi amor mio, perdonatemi…>> La strinse di più a se, Xaphan, mentre sorriso increspò le labbra di Ainwen.<<io tu….tto vi per……dono mia….. luce, poi…….ché con….tro vos…..tra volon…..tà avet……e e……segui…..to co……dest….o or….di….ne…>> Respiro che ogni parola che ella pronunziava s’assottigliava e spezzava, mentre palpebre sempre più pesanti si facevano; carezza il demone dona ai crini imbratta di cinabro sangue della sua stella, scostandone una ciocca dal viso.<<vi amerò all’infinito, mia signora….>> Parole dette con dolore, perse nel placido vento che spirava, mentre corpo ormai freddo e morto di colei che aveva amato, giaceva tra le sue braccia; la Nera Signora, l’aveva portata con se, lasciando ei solo, solo con il suo dolore.
Lacrime rigarono quel volto, lacrime color dell’ebano, sporcarono la ancor più candida pelle di quel cadavere, che anche nella morte, mostra cheto e dolce sorriso, rivolto a colui che ella amava che ormai ha perdonato.